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Come imparare a scrivere

  • Immagine del redattore: chiaramarino097
    chiaramarino097
  • 23 nov
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 7 giorni fa


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Non, quindi, come scrivere o come non scrivere. Diffido dalle formule rigide su tale argomento e mi sono promessa di essere sorvegliata, qui, nelle riflessioni sulla scrittura.

Senza timore di apparire arrogante, però, ho scelto questo titolo perché mi pare di avere elaborato per me stessa una sorta di pensiero-guida molto semplice su come si possa affinare la propria scrittura, riassumibile in una sola parola: riflettendo. Non sto semplificando, anche se mi auguro di sviluppare l’argomento nel tempo.


Quando cominciamo a riflettere sulle parole che scegliamo, però, operiamo una prima, impercettibile rivoluzione nel nostro modo di scrivere, e la faccenda si complica parecchio. Da quando ho cominciato a occuparmi di editoria, ma anche solo a guardare i libri e la scrittura da una prospettiva a me nuova, scrivere per me è diventato molto più complicato; molto spesso, sfiancante. Prima scrivevo di getto e, semmai, rifinivo in seguito; adesso la mia redattrice interiore – mi si conceda l’espressione, perché sento che esiste davvero – tende a bocciarmi parole e virgole neonate, troppo fragili per lottare e trovare il loro posto. Non è piacevole, perché quasi ogni parola deve nascere già forte e consapevole… così una su dieci finisce per vedere la luce. Ciò non mi garantisce, ovviamente, che tutto ciò che scrivo sia già come lo avrei voluto, solo fa sì che debba lottare molto di più per superare i severi controlli di questa recente parte di me.


Per lavoro, passo lunghi minuti a riflettere su aspetti minimi del linguaggio scritto – sono pagata per questo –, a volte senza essere in grado di trovare soluzioni immediate e dovendo tornare a rifletterci dopo ore, giorni, o cercando consiglio, nei casi più sensibili. Molto spesso mi sono resa conto di impiegare gran parte del mio tempo a tentare di “sciogliere” periodi resi contorti, oscuri, ambigui o poco eleganti da alcune parole vuote (quelle parole che reggono la costruzione grammaticale e logica di una frase): preposizioni, congiunzioni, pronomi dimostrativi e relativi sono tra gli elementi più imprecisi in cui mi capita di inciampare.

È molto più facile, quasi sempre – almeno finché non entriamo nel campo della revisione di traduzione –, indicare il sinonimo valido di un verbo o di un aggettivo, che sia più coerente o più eufonico. Frasi costellate di aggettivi o pronomi dimostrativi, di che polivalenti o di avverbi che non svolgono più la loro funzione – magari anche scombinate da una punteggiatura che asseconda il parlato – risultano inespressive prima che sciatte.


Essere stata indotta dal mio lavoro a trovare alternative a simili soluzioni ha consegnato ai miei occhi periodi che sembravano improvvisamente respirare, prendere aria, liberarsi dal mutismo cui la colloquialità li aveva condannati. Le scorciatoie ci servono e ci salvano nel parlato, facendoci risparmiare infinite risorse mentali nelle comunicazioni quotidiane; ma proviamo a litigare con qualcuno, e subito ci renderemo conto di quanto sia necessario misurare ogni preposizione!

Nel linguaggio verbale siamo sostenuti dalle espressioni, dal volume e dal tono della voce, dai gesti, dai nostri movimenti nello spazio; in quello scritto disponiamo di parole e, al massimo, dalla musicalità che con esse riusciamo a costruire.

Non possiamo tirarci indietro, dunque: in un mondo che comunica sempre di più, non ci resta che tornare a riempire le parole vuote. Se riflettiamo amorevolmente su ciascuna di esse, non ci serviranno i meravigliosi aggettivi di Giorgio Manganelli, a meno che non vogliamo diventare Giorgio Manganelli – ma desisterei.


Sforzarci di chiarire il significato, di testare la posizione di questi elementi della frase ci insegna a scrivere, perché rende meravigliosamente evidente la distanza che separa le parole che si pronunciano – anche le preposizioni pensate delle liti – da quelle che si scrivono: sofferte sempre, partorite, sgrezzate e lucidate al meglio.


 
 
 

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